Sono stato sollecitato in questi giorni dall'amico Guido Caradonna a trattare uno degli interessantissimi*(issimi^67237477298) argomenti che avevo citato nel debutto del blog.
Godetevi il divertimento e leggete dall'inizio alla fine. Boia chi interromperà la lettura.
[copiright by Michele Belluschi. Vietata qualsivoglia riproduzione al di fuori di questo blog]
Generalità
Stato dell'Asia occidentale stretto tra Mar Rosso e Golfo
Persico, l'Arabia Saudita occupa oltre i due terzi della Penisola Arabica. È il
Paese che ha dato origine alla civiltà
arabo-islamica e che più d'ogni altro è rimasto fedele alle
antiche tradizioni dell'Islam,
alle forme più genuine e puritane della sua religiosità: non a caso però, dato
che nell'Arabia Saudita si trovano le città sante sunnite, La Mecca e Medina. È inoltre il Paese
arabo che meno ha conosciuto il colonialismo, attestatosi a N di esso e negli
sceiccati periferici della penisola: a questo fatto si devono i suoi confini.
Passato grazie a un sorprendente processo dalle antiche tradizioni pastorali e
beduine alla lucrosa industria del petrolio, l'Arabia Saudita ha sfruttato la
straordinaria ricchezza che ne è derivata per incrementare gli investimenti in
diversi settori: istruzione e sicurezza sociale, infrastrutture, altre attività
produttive. Nonostante l'enorme sviluppo, il Paese conserva ancora tratti
autoritari e conservatori, soprattutto per quanto riguarda la condizione delle
donne e degli immigrati.
Lo Stato
L'Arabia Saudita è diventato regno indipendente nel 1932,
dall'unione dei regni di Neged (Najd) e Higiaz (Al-Hêijāz) e
degli emirati di ‘Asīr, Najrān e Al Hasa.
È una monarchia in cui il sovrano detiene il potere assoluto anche se
nell'ultimo decennio del sec. XX ci sono state importanti trasformazioni. Dal
marzo 1992 è in vigore una legge fondamentale che attribuisce al re il ruolo di
primo ministro con facoltà di nominare gli altri ministri. La stessa legge
prevede che il re nomini un Consiglio Consultivo (Majlis ash-Shoura), di 120
membri, con il compito di coadiuvarlo nelle decisioni di politica interna ed
estera. Alla morte del re Fahd, avvenuta nell'agosto 2005, il trono è passato a
Abdullah Ibn Abd-el Aziz, nuovo sovrano e “custode delle sante moschee” (La
Mecca e Medina). Nello stesso anno, per la prima volta, è stato esercitato il
diritto di voto, limitato ai cittadini maschi. L'islam sunnita è la religione
dello Stato, i cui dettami valgono anche come legge civile. La legge coranica (shari’ah),
amministrata da tribunali religiosi, prevede la pena di morte per una serie
diversa di reati (80-100 le esecuzioni capitali stimate ogni anno). Le forze
armate sono affiancate da una Guardia di frontiera e dalla Guardia nazionale.
Le truppe operative statunitensi, presenti in Arabia Saudita dal 1991, dopo la guerra del
Golfo, hanno lasciato il Paese nel 2003. L'esistenza di tribù nomadi
rende difficoltosa la scolarizzazione; non esiste del resto una legge che la
obblighi (mentre è obbligatoria l'istruzione religiosa), né che stabilisca
l'età per l'ingresso nella scuola . Una poderosa campagna di alfabetizzazione,
avviata a partire dal 1955, ha ridotto al 14.5% il numero degli analfabeti
(2008). Nelle scuole vige la separazione tra maschi e femmine. La scuola
primaria dura sei anni, quella secondaria abbraccia lo stesso numero di anni e
prepara ai corsi universitari. L'insegnamento superiore, che si articola ormai
in tutte le principali discipline universitarie, viene impartito nelle
università di Riyadh, di Gidda (le due principali),
di Ad-Dammām e di Hofuf; opera altresì a Dhahran un istituto superiore per
ricerche minerarie. Vi sono inoltre università islamiche a Medina, a Riyadh e a
La Mecca, in cui vengono compiuti studi teologici.
Territorio: geografia fisica
Il territorio saudita, benché relativamente vario, ha una
sua unità che trova ragione nella particolare struttura geologica della Penisola
Arabica, formata sostanzialmente da vasti tavolati che poggiano su
un sostrato cristallino rigido, frammento basale del continente asiatico un
tempo saldato all'Africa. La costa occidentale è orlata da rilievi che scendono
al Mar Rosso con una ripida scarpata, mentre verso l'interno si distendono a
formare vasti tavolati costituiti da formazioni paleozoiche, mesozoiche e
cenozoiche, rotte da successivi gradini; nelle parti più depresse le formazioni
cenozoiche sono sottoposte a sedimenti recenti, tra cui anche vaste coperture
sabbiose, come quelle che formano il deserto del Rubʽal Khali.
Al fatto che le formazioni sedimentarie non abbiano subito consistenti
deformazioni si devono i ricchi accumuli di petrolio nella sezione orientale
del Paese (regione di Al Hasa ecc.). Data l'aridità non esistono veri e propri
fiumi, ma solo uidian che, secondo l'inclinazione generale dei
tavolati, solcano il territorio da W a E; a essi si accompagnano numerose falde
acquifere, che soprattutto nella sezione mediana del Paese, il Neged, danno origine a
importanti oasi, come quella di Riyadh. Climaticamente l'Arabia Saudita è
caratterizzata da una spiccata aridità, con temperature assai elevate (valori
medi nella capitale di 34 ºC nel mese più caldo e di 24 ºC in quello più
freddo). Le escursioni termiche sono sensibili nell'interno, di poco risalto
lungo le coste che presentano un'elevata umidità. Le precipitazioni si verificano
soprattutto in una breve stagione (wasm) da ottobre a novembre; sono
debolissime e non superano su gran parte del Paese i 100 mm annui, valore che
aumenta fino a 200-250 mm sui rilievi occidentali.
Territorio: geografia umana
L' Arabia Saudita ha una densità abitativa di 12 ab./km²,
una delle più basse dell'Asia, ma la distribuzione della popolazione sul
territorio non è omogenea: le province settentrionali, Al-Jawf, Confine
Settentrionale (Al-Hudūd ash-Shamālīyah) e Tabūk e l'estesa provincia Orientale
(Ash-Sharqīyah) hanno una densità ancora inferiore alla media nazionale. La
popolazione è costituita da due grandi gruppi etnici: quello saudita (74,8%) e
quello yemenita (13,2%); sono inoltre presenti nel Paese gruppi di asiatici
(6,5%) e neri (1,5%). L'Arabia Saudita è un Paese di antico popolamento che
conserva ancora, in larga misura, l'elemento etnico originario; le popolazioni
meno pure si trovano sulle fasce costiere dove si sono avute soprattutto
infiltrazioni africane e iraniche. Nomadismo e sedentarietà accentrata nelle
oasi sono all'origine della distribuzione della popolazione, che è ancora in
larga parte suddivisa in tribù (le kabilah), le stesse che esistevano
all'epoca della predicazione di Maometto,
cui si deve la loro unificazione dal punto di vista religioso e culturale. I
nomadi rappresentano ormai una piccola quota della popolazione. Allo
spopolamento delle aree rurali contribuiscono i progressi delle tecniche
colturali: nel settore primario si ottengono produttività sempre più elevate
con un minor numero di addetti. Questo fenomeno di spopolamento ha determinato
una diminuzione della manodopera e anche il ricorso a lavoratori stranieri. A
partire dal 1999, tuttavia, è stata applicata una politica di rigore verso gli
immigrati irregolari, che sono stati in gran parte espulsi (ca. 500.000 in un
anno). All'inizio del sec. XXI gli stranieri costituiscono un quinto della
popolazione, metà di quella attiva. L'espansione delle città è piuttosto
recente, benché un urbanesimo di netto stampo islamico, cioè sviluppatosi in
funzione religiosa, si sia affermato da tempo nel Paese: La Mecca e Medina sono in tal
senso le due più tipiche e antiche città dell'Islam. I centri urbani sono in
continuo sviluppo e ospitano l'81,9% della popolazione (2008). Al centro delle
fasce oasiche e nelle aree costiere esistono cittadine con funzioni commerciali
o portuali; in epoca recente alcune di queste cittadine, meglio favorite
rispetto alle moderne vie di comunicazione, hanno accresciuto la loro
importanza per ragioni diverse; è il caso di Riyadh, divenuta capitale del
Paese, di Hofuf,
valorizzata dalla ferrovia Riyadh-Ad-Dammām, di Gidda, base dei
pellegrinaggi ai luoghi santi. Vi sono infine i centri potenziati dalle
attività petrolifere, come Dhahran e Ra's Tannūrah.
Territorio: ambiente
La natura desertica del territorio influenza le
caratteristiche dell'ambiente biologico saudita. Il manto vegetale è
poverissimo, rappresentato per lo più da cespugli spinosi e, nelle aree più
elevate, soprattutto lungo gliuidian, da tamerici, acacie e altre piante
xerofile. Nelle oasi di tutto il Paese domina sovrana la palma da
dattero. La sua collocazione lo rende uno dei Paesi a rischio di
desertificazione e di esaurimento delle risorse idriche. In Arabia Saudita le
aree protette a vario titolo rappresentano il 36,8% dell'intero territorio. La
loro collocazione va dalle regioni settentrionali al confine con Giordania e
Iraq alla grande area (64 milioni di ettari) della regione sudorientale, tra
Golfo Persico e il confine con l'Oman, denominata Ar-Rub'al-Khāalīi. Negli anni
Ottanta del Novecento è stata istituita una Commissione nazionale per la
conservazione e lo sviluppo della natura, con l'intento di stabilire e monitorare
un sistema di protezione di queste aree. Esistono inoltre aree volte alla
protezione del patrimonio ambientale marino, minacciato dall'inquinamento
dovuto alle fuoriuscite di petrolio. In particolare la costa occidentale,
quella sul Mar Rosso, è oggetto di interesse da parte degli studiosi: nel 2003
l'Arabia Saudita ha predisposto un piano per la conservazione della barriera
corallina e del complesso ecosistema marino dell'area.
Economia
Economicamente l'Arabia Saudita si regge quasi interamente
sul petrolio. Grazie a esso il Paese ha potuto avviare di recente un processo
di trasformazione che è stato ritardato solo dal conservatorismo proprio della
dinastia wahhabita. L'ascesa al trono di re Fayṣal,
tuttavia, ha segnato una svolta in senso progressista portando al superamento
di molti indugi: in primo luogo si è attuata una più equa e lungimirante messa
a profitto delle cospicue royalties ricavate dalla vendita all'estero
del petrolio; in secondo luogo sono stati promossi interventi di carattere
sociale (scuola e formazione professionale, assistenza sanitaria ecc.),
costruite infrastrutture, realizzate opere ed elaborati progetti in ambito
agricolo e industriale. Gravemente colpita (1991) dal costo della guerra del
Golfo (armamenti e sicurezza), l'economia saudita ha attraversato un momento di
crisi profonda e solo dal 1994 ha registrato segnali di ripresa. Alla fine del
decennio, tuttavia, la caduta dei prezzi del petrolio ha provocato una
diminuzione del 40% delle entrate. Si è formato così un considerevole deficit
pubblico determinato dalle ingenti voci di spesa. Questa situazione ha
costretto il Consiglio superiore per gli affari politici minerari, istituito
nel gennaio 2000, ad aprire alle società straniere le attività di distribuzione
e raffinazione del petrolio e del gas. Le attività di estrazione sono state
riconfermate all'esclusiva gestione del monopolio statale tramite la compagnia
nazionale Saudi Aramco. Ciò ha contribuito a far aumentare il prezzo del
greggio e a migliorare le entrate del Paese, che da allora si mantengono alte e
accompagnate da una modesta inflazione – risalita pesantemente solo nel 2006 a
causa della debolezza del dollaro e dell'aumento della domanda domestica –, e
ha permesso una sempre più ampia apertura del governo nei confronti
dell'iniziativa privata nonostante la marcata presenza dello Stato nel
controllo degli apparati produttivi. L'Arabia Saudita è di fatto uno degli
Stati più ricchi al mondo, con un PIL di 369.671 ml $ USA (2009) e un PIL pro
capite di 14.486 $ USA (2008), più che raddoppiato rispetto ai valori
della fine degli anni Ottanta del Novecento, quando, a fronte del deciso
aumento demografico, aveva subito un tracollo. Il quadro dell'economia saudita
è in espansione e coinvolge l'agricoltura, la difesa e le telecomunicazioni. I
cospicui investimenti nel settore primario degli ultimi anni del sec. XX hanno
permesso di aumentare le aree coltivabili attraverso l'assegnazione governativa
gratuita di appezzamenti. Le autorità hanno anche favorito la concessione di
aiuti finanziari agli agricoltori e lo sviluppo di moderne tecniche di
coltivazione e irrigazione attraverso la razionalizzazione delle risorse idriche,
lo sfruttamento dei pozzi, la desalinizzazione dell'acqua marina. L'Arabia
Saudita ha raggiunto, così, l'autosufficienza alimentare. Principali colture
sono i cereali (miglio, sorgo, orzo, riso e frumento), frutta (soprattutto
datteri) e ortaggi, tipici prodotti delle oasi. La regione agricola più ricca è
naturalmente quella più piovosa (specie le alteterre dell'ʽAsīr). Largamente
diffuso è l'allevamento (ovini e caprini particolarmente), risorsa fondamentale
dei beduini.
Significativo è anche il settore della pesca. Come detto, la ricchezza del
Paese si fonda interamente sul petrolio, le cui riserve accertate
(corrispondenti a circa un quarto del totale mondiale) assicurano al regno una
notevole produzione. I maggiori giacimenti di petrolio si concentrano nella
regione orientale e sul Golfo Persico. Attraverso una estesa rete di oleodotti
il greggio viene trasportato nelle grandi raffinerie e ai terminali di Saida
(Sidone), nel Libano, e di Yenbo sul Mar Rosso. I piani quinquennali per la
diversificazione dell'economia hanno portato allo sviluppo di nuovi rami nel
settore dell'industria. Un'estesa rete di gasdotti consente di utilizzare le
notevoli riserve di gas naturale per alimentare l'esportazione di gas
liquefatto anche se la maggior parte del gas è destinato al consumo interno.
Tra le risorse minerarie sono presenti bauxite, ferro, rame; a metà degli anni
Ottanta del XX secolo si è rinvenuto nella provincia di Al-Qaşīm, al centro del
Paese, un ricco giacimento di carbone e contemporaneamente si è iniziato lo
sfruttamento delle miniere aurifere (Mahd adh-Dhahab). Le industrie annoverano,
oltre ai complessi petrolchimici, impianti siderurgici, altri legati alla
meccanica pesante e dei materiali per l'edilizia (cementifici). Nel 2007 il
governo ha approvato la costituzione di quattro nuovi distretti industriali. È
il terziario a occupare la maggior parte della popolazione attiva mentre è
ridotto il numero di sauditi impegnati negli altri settori. Le importazioni,
prevalentemente di prodotti industriali, alimentari e tessili, provengono in
gran parte dagli Stati Uniti, dal Giappone e dalla Germania; le esportazioni
(quasi esclusivamente idrocarburi) sono dirette soprattutto verso gli Stati
Uniti, il Giappone, la Corea del Sud, l'India e Singapore. Si è osservato
inoltre, a partire dal nuovo millennio, come per altri Paesi, l'ingresso della
Cina fra i partner commerciali più importanti. Dal 2004 l'Unione Europea è
presente a Riyadh con una delegazione che cura le relazioni bilaterali con i
Paesi dell'area; gli Stati dell'UE intrattengono rapporti commerciali con
l'Arabia Saudita da cui importano principalmente combustibile e dove esportano
macchinari per l'industria e i trasporti. Dopo anni di attesa, grazie anche
alle politiche di sviluppo e di diversificazione dell'economia, nel 2005 il
Paese ha fatto il suo ingresso nel WTO. Consistente è
l'apporto economico degli oltre 2 milioni di pellegrini che visitano
annualmente i luoghi santi giungendo da tutti i Paesi musulmani dell'Asia e
dell'Africa, facendo del turismo una delle prime voci del settore terziario.
Inoltre, la presenza di alcune grandi banche e soprattutto della borsa valori
della capitale, hanno reso l'Arabia Saudita il principale centro finanziario
del Medio Oriente. Ingentissimi sono stati negli anni gli investimenti
nell'ambito delle infrastrutture viarie; strade asfaltate collegano in pratica
tutti i centri del Paese.
Storia
Già sei anni prima della costituzione dello Stato (1932), Ibn Saʽūd I,
emiro del Neged e fondatore del regno, si era assicurato i confini attuali con
la conquista dell'Higiaz,
strappato agli Hascimiti, e con il protettorato sull'Asīr.
Nel 1934 lo Yemen, che vantava anch'esso mire su quest'ultima regione, prese le
armi contro i Sauditi. La guerra, durata pochi mesi, si risolse a favore
dell'Arabia Saudita che con il trattato di Taʽif regolò in
proprio favore le controversie di frontiera con lo Yemen. Nel 1945 l'Arabia
Saudita aderì alla Lega Araba. La profonda rivalità che la opponeva, nonostante
la risoluzione delle questioni di confine, alle dinastie hascimite regnanti nell'Iraq
e in Giordania spinse Ibn Saʽūd I, morto nel 1953, e il suo successore Ibn Saʽūd II a
una politica di avvicinamento all'Egitto. Ma quando Il Cairo divenne il centro
di un movimento panarabo rivoluzionario e progressista, l'Arabia Saudita cercò
di porsi alla testa delle forze arabe conservatrici e panislamiche. La guerra
civile yemenita (1962-70) fu in una certa misura il prodotto della rivalità fra RAU e Arabia Saudita.
Nel 1964 Ibn Saʽūd II fu deposto dal fratello Fayṣal,
che era stato primo ministro dal 1958 al 1960 e dal 1962 in avanti; Fayṣal
promosse all'interno una politica di cauta modernizzazione e all'estero intese
risolvere, insistendo sull'opzione conservatrice, i problemi posti dal ritiro
degli Inglesi dalla Penisola Arabica. Ma non poté impedire che la già reazionaria Federazione
dell'Arabia Meridionale divenisse nel 1967 la progressista
Repubblica Democratica Popolare dello Yemen. Quanto allo Yemen vero e proprio,
Fayṣal ottenne nel 1967 il ritiro delle truppe egiziane: ma, contro le
previsioni, i repubblicani yemeniti prevalsero sui monarchici. Dopo l'uccisione
di re Fayṣal (25 marzo 1975) da parte di un nipote, salì al trono il
fratellastro Khāled. Alla morte di questi, avvenuta nel 1982, gli succedette il
fratello Fahd ibn 'Abd
el-'Aziz, promotore di accordi per il raggiungimento della pace in
Medio Oriente. L'affermazione del fondamentalismo sciita in Iran determinava
nella regione una decisa modificazione degli equilibri inducendo una generale
ricollocazione che riguardava anche la monarchia saudita e la sua politica
estera. In particolare la lunga guerra tra l'Iran e l'Iraq, protrattasi per
quasi tutti gli anni Ottanta, aveva reso precarie le rotte petrolifere, ma essa
era anche la spia di una lotta a più ampio raggio per l'egemonia nell'area e
nello stesso mondo arabo. Ufficialmente neutrale, l'Arabia Saudita era comunque
costretta a subire alcune conseguenze della guerra per il danneggiamento di
petroliere saudite, ma anche per le turbolenze interne scatenate dai gruppi di
rito sciita che rivendicavano, invece, uno spostamento a favore dell'Iran. Il
timore di un coinvolgimento sempre più diretto spingeva Riyadh al riarmo,
mentre si riallacciavano (1987) i rapporti diplomatici con l'Egitto e si
operava un più generale riavvicinamento agli Stati Uniti. Nel nuovo clima di
distensione dei rapporti Est-Ovest maturava anche la ripresa diplomatica con
l'Unione Sovietica e si inaugurava quella con la Cina. Il precario equilibrio
regionale, però, veniva violentemente scosso nell'agosto 1990 per l'invasione
irachena del Kuwait. Sentitosi direttamente in pericolo per la presenza delle
truppe di Baghdad ai confini e le oscure minacce di Saddam Ḥusayn,
re Fahd non aveva esitazioni a chiedere l'intervento diretto degli Stati Uniti.
Una mossa in qualche modo obbligata, ma gravida di conseguenze nel mondo
musulmano per l'evidente contraddizione generata dalla massiccia presenza di
truppe occidentali proprio nella culla dei luoghi più sacri dell'Islam: una
contraddizione resa un po' meno stridente per la presenza di altri Paesi arabi
e della stessa Arabia Saudita nella coalizione antirachena che rapidamente si
costituiva. L'impegno militare statunitense e delle maggiori potenze
occidentali determinava la sconfitta dell'Iraq e la liberazione del Kuwait (guerra del
Golfo, gennaio-febbraio 1991), ma al contempo l'intera vicenda aveva
messo in luce le debolezze strutturali del sistema di difesa saudita che si era
mostrato incapace di far fronte ai pericoli provenienti da altri Stati della
regione senza l'ombrello statunitense.[Se sei arrivato a leggere fino a questo punto ho quattro notizie da darti: 1) sei un fenomeno per capacità di pazienza; 2) sei stato trollato alla grande, sicché il testo è un grezzo copia-incolla con nulla di rilevante. A meno che tu non sia veramente un appassionato di Arabia Saudita; 3) Hai appena vinto un caffè da me ho offerto; 4) Puoi finire qui di leggere, dato che non troverai più nulla di interessante]. Con la nuova situazione, anche al fine
di contenere i tentativi destabilizzanti dei gruppi sciiti presenti nel Paese,
l'Arabia Saudita riallacciava nel 1991 i rapporti diplomatici con l'Iran mentre
riprendeva una politica di sostegno agli Stati arabi in maggiore difficoltà e
alla stessa OLP. Ma era l'insufficienza dell'apparato militare ad angustiare il
regime di Riyadh essendo evidente che non bastavano i pur cospicui investimenti
nel settore (15 miliardi di dollari tra il 1991 e il 1992). Anche dopo la
sconfitta irachena, dunque, si rendeva necessaria una presenza statunitense,
sia pure fortemente ridimensionata, ma ciò finiva con l'alimentare
un'opposizione fondamentalista già abbastanza vivace e che lambiva anche alcuni
elementi della gerachia religiosa ufficiale. Una presenza, quella integralista,
difficile da estirpare nonostante i numerosi arresti eseguiti tra il 1994 e il
1995 e il più attento controllo degli immigrati (100.000 espulsi nel febbraio
1995). Tali provvedimenti, infatti, non erano sufficienti a impedire
l'insorgere di nuovi fenomeni terroristici antistatunitensi che sfociavano
nell'attentato alla sede dei consiglieri militari di Riyadh (novembre 1995) e
nel più grave attacco alla base aerea di Khobar (giugno 1996) che provocava la
morte di 19 militari e il ferimento di molte decine di uomini. Segnali di
queste difficoltà interne venivano anche dal travaglio del gruppo dirigente,
come dimostrava l'ampio rimpasto con il quale nell'agosto 1995 venivano
cambiati 16 dei 28 ministri. A ciò si aggiungevano anche le precarie condizioni
di salute di re Fahd che, nel gennaio 1996, cedeva temporaneamente i poteri al
fratellastro Abdallah. Mentre i nuovi rapporti con lo Yemen conducevano nel
2000 a un accordo sui confini (la sovranità esercitata di fatto dall'Arabia
Saudita sulle province meridionali dell'Asīr,
di Najrān e
di Jīzān era
stato motivo di ricorrenti contestazioni), non nascoste tensioni si verificavano
con gli Stati Uniti, essendo il governo saudita contrario alle incursioni aree
americane contro l'Irak, condotte dal 1997 per scalzare S. Ḥusayn,
e alla politica statunitense verso i Palestinesi. Sul terreno della politica
interna, malgrado il ritiro di fatto dal potere di re Fahd, le tensioni
presenti in seno alla famiglia reale impedivano un trasferimento ufficiale del
potere, anche se il principe Abdallah consolidava la propria autorità dando
impulso a un rinnovamento economico (riduzione del debito pubblico,
privatizzazioni, apertura del Paese agli investimenti esteri) affidato a un
Consiglio Economico Supremo e a un Consiglio Supremo per le risorse petrolifere
e minerarie, creati rispettivamente nel 1999 e nel 2000. Cercando di proporsi
come mediatore in molti conflitti del Maghreb (tra Marocco
e Algeria per il Sahara Occidentale, tra Stati Uniti e Libia), Abdallah nel
contempo proseguiva a opporsi alla reintegrazione dell'Iraq nel mondo arabo e
continuava nella politica di riavvicinamento all'Iran, giudicando la vittoria
elettorale dei riformatori in questo Paese (2000) un progresso per
l'intensificazione degli scambi commerciali e per la stabilità dell'intera
regione. Nel dicembre 2000 l'Arabia Saudita sottoscriveva con Kuwait, Bahrein,
Qatar, Oman ed Emirati Arabi Uniti, membri del Consiglio di
Cooperazione del Golfo, un progetto per la creazione di una moneta
comune entro il 2005 e un patto di reciproca difesa diretto a fronteggiare
soprattutto la minaccia irachena. La guerra contro l'Iraq, condotta dalla coalizione
anglo-americana nel 2003, e la conseguente caduta del regime di Saddam Ḥusayn,
vanificavano la minaccia irachena, ma innescavano forti tensioni nel Paese,
come dimostravano i gravi attentati terroristici contro alcuni quartieri
residenziali abitati da occidentali e arabi e contro palazzi governativi, a
Riyadh, avvenuti sia nel corso dello stesso anno sia in quello seguente. Nel
febbraio 2005 si sono tenute, per la prima volta nella storia del regno, le
elezioni amministrative, a suffragio universale maschile, limitatamente alla
metà dei seggi (il 50% dei quali resta di nomina regia). Il primo agosto dello
stesso anno moriva il re Fahd e la corona è passata al principe ereditario 'Abd
Allāh bin ʿAbd al-ʿAzīz Al Saʿūd conosciuto come re Abdullah (Riyāḍ, 1924); il
ministro della Difesa Sultan Nayef bin Abdul Aziz Al Saud è divenuto il nuovo
principe ereditario (morto però nel 2012). Nel gennaio 2007 il presidente della
Federazione Russa V. Putin si recava in visita ufficiale nel Paese siglando
accordi commerciali e di cooperazione tecnologica. Nello stesso anno venivano
eseguite 143 condanne a morte, suscitando polemiche nell'opinione pubblica
internazionale. Nel 2012 Salman bin Abdul-Aziz Al Saud diventava il nuovo
principe ereditario.
Cultura: generalità
Il patrimonio culturale dell'Arabia Saudita è intimamente
legato alla tradizione islamica e ai costumi delle genti beduine e grande è il
fascino esercitato da una cultura millenaria e conservatrice in un Paese dove
l'ingente ricchezza portata dal petrolio rappresenta un ponte verso la
modernità. La religione islamica e la lingua araba costituiscono in ogni caso
il motivo comune di una popolazione nomade e originariamente frammentata.
Dell'antica civiltà beduina resta traccia nella poesia, nella musica e nella
danza, contaminate poi dalla cultura araba. Le celebrazioni pubbliche ammesse
sono le due feste religiose di ‘Id al-Fitr e di ‘Id al-Adha e
la ricorrenza dell'unificazione del regno (23 settembre). Sono proibite le
feste religiose non islamiche.
Cultura: tradizioni
I costumi tradizionali sono largamente diffusi in tutto il
Paese, pur con alcune differenze tra le città e il resto del territorio. Dalla
tradizione beduina proviene l'ardha, la danza delle spade a ritmo dei tamburi,
con il coinvolgimento di un poeta che fa da voce narrante. Le prescrizioni
dell'Islam e
le necessità dovute al clima torrido condizionano ancora aspetti della vita
quotidiana quali l'abbigliamento, la cucina e le relazioni sociali. Decori e
disegni differenti dei tessuti caratterizzano le diverse comunità; gli abiti,
sia maschili che femminili, sono larghi e lunghi; gli uomini indossano il ghutra,
un copricapo di stoffa stretto alla testa con una corda attorcigliata (igaal).
Le donne sono tenute a indossare il mantello (abaaya) e il velo (shayla);
quest'ultimo, generalmente nero, è spesso impreziosito da monili e gioielli in
argento e pietre di notevole fattura. La cucina, in cui le usanze religiose si
confondono con le abitudini di un Paese che anticamente ospitava le vie
carovaniere per l'Oriente, esclude il maiale e le bevande alcoliche e fa largo
uso di spezie (specialmente nella regione orientale). I piatti tipici variano
da regione a regione; comprendono pane non lievitato (khoboz) e riso (con
zafferano, rosso o bruno), pesce e carne di pollo, montone e agnello, legumi e
verdure varie, frutta, in particolare datteri e caffè, preparato alla turca,
offerto agli ospiti in segno di benvenuto. Diffusi sono laharisah, piatto a
base di carne, cereali e zucchero, il ful mudammas, a base di fave e, tra
i dolci, la jubniyyah, di formaggio di capra, e il masub, con banane
tritate e pane dolce. Nei pranzi nuziali è offerto agli ospiti il saliq,
riso con carne d'agnello o di pollo, servito con il duqqus, una salsa
piccante.
Cultura: letteratura
Il rigorismo wahhābita,
una condizione di sostanziale estraneità del Paese al moto di rinascita
culturale del mondo arabo, nonché la prevalente struttura tribale, sono tra i
fattori che hanno contribuito al mantenimento di forme letterarie conservatrici
non solo nel Neged ma
anche nell'Hêijāz, che fu la culla della poesia araba pagana. La poesia, fedele
agli schemi ritmici tradizionali, è spesso dedicata al panegirico e al riṯā' (elegia);
ancora nella seconda metà del sec. XX non era raro trovare qaṣīda di
circostanza sui quotidiani della Mecca e di Medina. Tra i poeti segnaliamo: Muḥammad
ibn Surūr aṣ-Ṣabbān, Aḥmad Ibrāhīm al-Ghazzawī, Abd al-Haqq an-Naqshibandi, Aḥmad
al-ʽArabī, noto anche come prosatore, Aḥmad
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